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La chitarra non mi bastava più
di Filippo Michelangeli

Dario Bisso, veneziano, 36 anni, è uno dei pochi chitarristi a essere saliti sul podio. Ha scoperto la vocazione per la direzione d’orchestra dopo aver suonato nel Barbiere di Siviglia di Rossini. E da allora non ha più rinunciato a tenere una bacchetta in mano. Di solito sono i pianisti a salire sul podio, lei invece è chitarrista. Che cosa l'ha spinta alla direzione d'orchestra? L'esigenza di allargare la conoscenza e la pratica della musica. A un certo punto la chitarra non mi bastava più. La scintilla è scoccata quando ho suonato a teatro nel Barbiere di Siviglia e nel Falstaff. Dove ha studiato? Ho seguito il percorso classico. Ugo Amendola, allora direttore del Conservatorio di Venezia, ha incoraggiato la mia passione. Ho studiato composizione e ho seguito i corsi di direzione all’Accademia di Pescara. Che rapporto ha oggi con la chitarra? La chitarra era e rimane la mia “piccola orchestra”. Oggi la riscopro sotto un'altra luce e la suono in modo più libero e naturale. Quali sono i suoi riferimenti artistici? Ruggero Chiesa, Narciso Yepes e soprattutto Kazuito Yamashita: l'ho conosciuto nel '91 e mi ha dato una spinta fondamentale. Ma devo dire grazie anche a Claudio Scimone e ad Antonio Mormone, che mi hanno aiutato a trovare fiducia in me stesso nei momenti di crisi. Come ha conosciuto Yamashita? Me lo presentarono quando venne a Milano a suonare. Mi disse che voleva conoscere Venezia, la mia città. Mi offrii subito di fargli da cicerone: era un grande onore, non mi sembrava vero! Da allora abbiamo instaurato un bel rapporto e ogni tanto ci sentiamo. Quando l’ha incontrato l’ultima volta? Qualche anno fa è tornato in Italia e l’ho ospitato qualche giorno a casa mia. Purtroppo ero in viaggio quando arrivò a Venezia. Ero un po' preoccupato perché lo avrebbe accolto mio padre, che è abituato a parlare in dialetto. Invece, li ho trovati a chiacchierare come vecchi amici davanti a un bicchiere di vino. Insomma, oltre a essere un grande artista, Yamashita è una persona davvero amabile, senza alcuna posa da star. Lei è impegnato come solista, direttore, organizzatore, arrangiatore: in quale ruolo si riconosce di più? La chitarra resta il mio primo grande amore. Ma tutto ciò che riguarda la musica mi appassiona e non rinuncerei a nessuna delle mie attività. Come si presenta l'Arcadia Orchestra, che ha fondato e dirige dal '98? È un gruppo di 22 elementi, archi e fiati. Per fare l'opera, che è il mio obiettivo principale, chiamo degli aggiunti. Nei vostri concerti alternate ai pezzi "classici" brani di musica da film. Perché? Credo che autori come John Williams e Ennio Morricone abbiano scritto pagine di musica belle e interessanti. Con Sandro e Luca Simoncini, Luigi Mazza, Demetrio Comuzzi ho realizzato alcuni arrangiamenti per la Arcadia Orchestra. Abbiamo fatto Schindler's list di Williams e una suite con i temi più famosi di Morricone, da Mission a C'era una volta in America. Il pubblico è entusiasta di questa musica. Allora, perché non suonarla?

 

 

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