Suonare News 0 2003 Sei corde
 

Altro che semplice suonatore di flamenco
di Angelo Gilardino

Correva l’anno 1988 quando le Edizioni Musicali Bèrben pubblicavano il Manuale di storia della chitarra al quale avevo contribuito con un volume intitolato La chitarra moderna e contemporanea. Una delle tesi nuove che proponevo nella trattazione era la rilevanza storica della figura di Julián Arcas, che costituiva, a mio modo di vedere, un forte anello di congiunzione tra Aguado e Tárrega. Nel 1990, le Edizioni Soneto di Madrid pubblicarono – riproducendo le edizioni d’epoca – le composizioni di Arcas, e fu un avvenimento importante. Mancava tuttavia uno studio biografico e musicologico su questo artista, e mi ha dato sollievo il vederlo compiuto nel volume El guitarrista Julián Arcas (1832-1882)/Una biografía documental, appena pubblicato dall’Instituto de Estudios Almerienses (ISBN 84-8108-273-2). Ne sono autori Javier Suárez-Pajares (musicologo docente all’Università Complutense di Madrid) ed Eusebio Rioja-Vázquez (studioso di Málaga e autore di importanti studi sulla chitarra flamenca). Benché impostato principalmente come una ricognizione sui documenti svolta al fine di ricostruire la vicenda biografica del maestro di Almería, lo studio va oltre i limiti che il titolo sembra implicare, e propone una nuova collocazione storica dell’opera di Arcas – una collocazione che lo vede protagonista non di una fase di stanchezza e di emarginazione della chitarra dal mondo musicale ma, al contrario, di un momento di tensione vitale e di fortissima caratterizzazione. Arcas agì – come ogni musicista romantico della sua epoca – in bilico tra le suggestioni del folclorismo e le tentazioni della retorica virtuosistica salottiera, che lo inducevano a comporre e a eseguire fantasie su arie da opera. Nel suo popolarismo, però, Arcas si rivolse alla musica andalusa, imbevuta di cante, e con poche, ma efficaci, composizioni, realizzò una mescolanza di modalità e di tonalità tutt’altro che comune alla sua epoca: questo, secondo me, è il suo merito più rilevante. Una composizione qual è El punto de la Habana/Fantasia sobre el paño anticipa di ottant’anni quello che avrebbe poi sviluppato, nelle sue composizioni per chitarra, un Joaquín Turina, mentre i meriti di Arcas come autore di elaborazioni chitarristiche di celebri brani operistici rifulsero soprattutto nella sua attività di concertista. Si noti, tra l’altro, che Arcas fu poi spossessato della sua Fantasia su La Traviata che, in modi non precisamente leciti né trasparenti, fu trasferita nel catalogo delle opere di Francisco Tárrega. Dalla lettura del libro, risultano alcuni tratti significativi, ai quali posso soltanto accennare: Arcas era un concertista viaggiante, un virtuoso ammaliatore che sapeva incantare re, regine e popolani, aristocrazia e plebe. E se gli avessero detto che, nella storia, sarebbe poi stato collocato come predecessore di Tárrega, si sarebbe messo a ridere: nessun paragone, infatti, poteva essere proposto a quei tempi tra la gloria di cui Arcas era circonfuso e la fama locale, fondata nella devozione dei seguaci più che nella realtà, di Tárrega. Inoltre, benché il libro di Suárez-Rioja segua un percorso biografico, quello che meno emerge dal racconto è proprio l’aspetto privato di Arcas: sembrerebbe che non abbia vissuto altro che per la propria arte, non gli si conosce quasi nessuna vicenda personale che non sia originata dalla sua vita artistica. Stimolò Torres a dedicarsi alla liuteria a titolo professionale, e perciò divenne anche, inevitabilmente, suo amico, ma quando morì prematuramente di un attacco cardiaco nel pueblo di Antequera – dove si era recato per dare un concerto – non aveva altri che un fratello a cui lasciare in eredità i suoi beni, Arcas aveva evidentemente fatto della musica la sua unica ragione di vita. Per la verità, in un periodo di crisi politica della Spagna, tentò anche di ritirarsi nell’originaria Almería, diradando assai – se non interrompendo del tutto – la carriera concertistica viaggiante, che l’aveva portato fino in Inghilterra. Avviò un commercio di prodotti petroliferi, ma gli affari andarono malissimo e, per rimettere in sesto le sue finanze, dovette riprendere a dar concerti – il che, in fondo, era l’unica cosa a cui veramente tenesse. Ma la cardiopatia l’aspettava al varco... Suárez-Pajares e Rioja hanno fatto un lavoro eccellente, ordinando il vasto materiale giunto in loro possesso e passandolo al filtro di un esame il cui scopo principale – e lodevolissimo – è costantemente quello di creare raccordi tra Arcas e il suo tempo, gli ambienti musicali in cui visse e operò, e il significato della sua musica nella storia della chitarra. Il tempo in cui i chitarristi classici dicevano di Arcas che era un suonatore di flamenco sono definitivamente tramontati.

 

 

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