Suonare News 0 2004
 

Non di sola chitarra
di Filippo Michelangeli

Per lui la chitarra non è un punto di arrivo, ma di partenza. Luigi Attademo, 31 anni, nato per caso a Napoli, ma cresciuto e formatosi nel cosentino, è un chitarrista sui generis. Dopo il diploma al Conservatorio di Torino si perfeziona per tre anni con Angelo Gilardino all’Accademia di Biella. Studia composizione con Giovanni Guanti e segue i seminari in Chigiana con Morricone. Dopo il liceo non abbandona gli studi umanistici, e si laurea con 110 e lode in Filosofia. Raccoglie affermazioni importanti in concorsi internazionali, vince il “De Bonis” di Cosenza e si piazza terzo al Concorso di Ginevra. Negli ultimi anni si è dedicato, insieme con il suo ex insegnante Gilardino, alla riscoperta e classificazione degli archivi Segovia dell’omonima fondazione di Linares. Nel suo curriculum c’è un po’ di tutto: studi di chitarra, seminari di composizione con Morricone, concorsi di musica, una laurea in filosofia. Un musicista irrequieto o semplicemente curioso? Né l’uno né l’altro. Ho soltanto sentito la necessità di ampliare le mie conoscenze. In un certo senso la chitarra è un mondo che mi sta un po’ stretto. Ho voglia di cercare altrove un po’ di soddisfazione artistica. I conservatori sono in una fase di trasformazione. La riforma ha sancito in modo irreversibile il loro passaggio a rango di università. Lei è coinvolto a Vibo Valentia nel primo corso di laurea di secondo livello. Come funzionerà e che cosa si aspetta dalla riforma quando sarà a regime? Si tratta di un consorzio pubblico-privato. Il Conservatorio insieme all’Accademia delle Belle Arti di Reggio Calabria e al Politecnico “Scientia et Ars” hanno creato una struttura a Vibo Valentia che ha attivato i corsi di laurea di secondo livello non solo per il conservatorio ma anche per l’Accademia. Insomma è la prima laurea specialistica in Musica, scienza e tecnologia del suono. Il piano di studi segue il sistema universitario vigente, con tanto di crediti. Si è superato il concetto di didattica presente nel conservatorio incentrato esclusivamente sullo strumento. Secondo me è l’unico modo per competere con l’alta formazione che già l’università svolge. Spero che questo modello si affermi nel resto d’Italia perché può offrire a un giovane musicista maggiori sbocchi professionali. Negli ultmi anni ha lavorato con Angelo Gilardino alla catalogazione degli archivi Segovia della Fondazione di Linares. Avete ritrovato tante musiche per chitarra di cui non si sapeva neppure l’esistenza. Una parte di queste le ha anche registrate su cd. Quali sono i pezzi che potranno davvero entrare in repertorio? Ci sono alcune opere che si avvicinano maggiormente alla tradizione della chitarra scritte da autori vicini alla poetica segoviana, come Torroba, Tansman, Pahissa. Sono rilevanti anche le musiche di Scott e Berkeley, due capisaldi. Nell’era della New Economy, del computer, di Internet, che cosa significa suonare uno strumento ottocentesco? Da una parte vivi una situazione da marziano, con gli altri che non ti capiscono. Dall’altra però la chitarra è uno strumento per trasmettere degli aspetti che fanno parte dell’umanità. Valori che non tramontano mai. Alla fine di un incontro di solito si chiede qual è il sogno nel cassetto. Proviamo a cambiare: l’errore che non avrebbe voluto commettere? La mia formazione doveva essere più ampia. Ho studiato molto, ma a distanza. Invece avrei dovuto frequentare di più il mondo della musica e della chitarra. Ho trascurato le relazioni con gli altri musicisti, studiosi e operatori. Ma negli ultimi tempi sto cercando di recuperare.

 

 

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