Suonare News 0 2004 Sei corde
 

L’ultima danza per Agustín Barrios
di Angelo Gilardino

Richard “Rico” Stover è un chitarrista statunitense che ha dedicato la sua attività alla ricerca e allo studio delle opere di Agustín Barrios Mangoré. Fu il primo – una trentina d’anni fa – a pubblicare le opere del maestro paraguayano in una collezione per quei tempi completa, e nel 1992 diede alle stampe una biografia di Barrios (intitolata Six Siver Moonbeams) che resta tuttora la principale fonte d’informazione sull’avventurosa esistenza dell’autore de La Catedral. Come ogni studioso di vocazione, Stover non desiste mai e, da quando fu diffusa la sua prima edizione delle opere barriosiane, ha accumulato altri materiali, acquisito nuove conoscenze, ha avuto modo di raccogliere le osservazioni di migliaia di lettori. Il frutto di questo arricchimento giunge ora fresco di stampa: The Complete Works of Agustín Barrios Mangoré è il titolo della nuova edizione curata per Mel Bay, un editore di Pacific che riserva, nel suo vasto catalogo, uno spazio rilevante alla musica per chitarra. Si tratta di due ponderosi volumi, il primo di 262 pagine e il secondo di 261. Contengono tutta la musica per chitarra di Barrios raccolta da Stover (112 pezzi) e, rispetto alle edizioni fin qui note, costituiscono la raccolta più completa. Alcuni pezzi – non molti, per la verità, e non possenti, ma degni di essere conosciuti – affiorano per la prima volta. Nel caso di un’opera sparsa dal compositore in mille rigagnoli, e segnata da una fatalistica mancanza di fede nella propria sopravvivenza, quale fu quella di Mangoré, non si può mai affermare che sia stata pubblicata l’edizione definitiva (difatti, nella prefazione, lo stesso Stover allude a una mezza dozzina di pezzi ancora vaganti), ma è fuori di dubbio che questa edizione è la più ricca e la meglio ordinata. Le composizioni sono disposte in ordine alfabetico per titolo, il che – mancando la possibilità di compilare una cronologia – è senz’altro la soluzione migliore: con una rapida consultazione, si può constatare, ad esempio, che gli Estudios scritti da Mangoré furono dodici, e il poterli leggere in successione, senza saltare da un volume all’altro, è certamente vantaggioso. I due volumi contengono un indice tematico e le 80 pagine conclusive del secondo tomo sono dedicate a uno studio comparativo delle differenze testuali esistenti nelle diverse fonti. Questo è un importante passo in avanti nello studio delle opere di Barrios, per molti aspetti controverse. Uno dei vecchi problemi – da varie parti sollevato, anche dall’autore di queste note – consisteva nell’assoluta mancanza di informazioni sulle fonti che avevano costituito le basi delle precedenti pubblicazioni. Infatti, né il primo Stover né Benites (curatore dell’edizione giapponese Zen On delle opere di Barrios) avevano dichiarato con precisione da dove provenissero i loro testi, e si erano riferiti genericamente a manoscritti raccolti qua e là. Unica eccezione, la parziale raccolta ordinata dal chitarrista britannico Chris Dumigan che, trascrivendo le note dalle incisioni discografiche di Barrios, aveva accreditato le fonti del suo testo. Nella nuova edizione, Stover traccia un quadro completo delle sorgenti alle quali ha attinto: i manoscritti e i relativi possessori, le edizioni precedenti, le incisioni discografiche. Riguardo a queste ultime, ci par di capire che il lavoro di trascrizione dai dischi effettuato da Dumigan (e ora non più disponibile in commercio: l’edizione britannica si è dissolta) sia stato assorbito da Stover, anche se (lo abbiamo verificato) non sempre alla lettera. Infatti, non è detto che Barrios avesse inciso quello che considerava il testo finale, perché la durata di alcuni suoi brani debordava dalla capienza dei dischi di allora, e il maestro era costretto ad adattarli. Stover istituisce anche una gerarchia delle fonti manoscritte, alcune delle quali furono oggetto delle maggiori cure da parte di Barrios, che aveva una bella calligrafia e che, se rinchiuso a chiave dal suo amico Borda y Pagola e costretto a mettere per iscritto la musica che componeva tenendola a memoria, faceva le cose per bene. Altri manoscritti invece – rivela Stover – sono vergati come da chi vada di fretta o non abbia voglia di scrivere. Per completare – e rendere ancora più appetibile – la sua edizione, Stover allega ai due volumi un cd contenente ventun pezzi eseguiti dallo stesso Barrios. I tecnici che hanno curato la conversione dei vecchi dischi devono essere degli stregoni, perché l’ascolto è sorprendentemente pulito, e basta l’incipit del primo brano, la Danza Paraguaya, per respirare l’aria rarefatta delle grandi altezze. Se, pur adoperando corde di metallo, otteneva quel suono, chissà quale magia avrebbe suscitato con le super-corde di oggi.

 

 

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