L‘importanza di ascoltare le prove d‘orchestra. Il primo insegnante che mi diede questo consiglio fu il mio compianto maestro di Teoria e solfeggio. Si chiamava Alessandro Ferrero e, oltre a insegnare in Conservatorio era "secondo oboe con l‘obbligo del corno inglese" nella defunta Orchestra della Rai di Milano. Per la cronaca: all‘epoca – mi riferisco agli anni Ottanta – il "doppio incarico" era ancora permesso e la Rai aveva ben quattro orchestre: a Torino, Milano, Roma e Napoli. Oggi, dopo i tagli decisi da viale Mazzini negli anni Novanta, la Rai ne ha una sola, Nazionale, a Torino.
Vedendomi appassionato un giorno mi chiese: «Hai mai ascoltato le prove di un‘orchestra?». Naturalmente no. E così mi diede il permesso di seguirle – si svolgevano nell‘imponente Sala Verdi del Conservatorio – ed erano gratuite, ma credo bisognasse essere almeno presentati da qualcuno, altrimenti non ti facevano entrare. Fu un consiglio che mi cambiò la vita. Conobbi tantissimo repertorio sinfonico, per strumento solista e orchestra e, soprattutto, ascoltai direttori d‘orchestra di ogni nazionalità spiegare, comunicare, infondere nei professori la loro visione della musica. Iniziai ad acquistare le "partiturine" ridotte, a leggerle a mente, al pianoforte, a conoscere non solo i diversi timbri degli strumenti, ma anche gli "abbinamenti". Scoprii quanto funzionasse far andare insieme violoncelli e fagotti, quanto fosse "perforante" il timbro sovracuto dell‘ottavino. La differenza dei violoncelli da soli o raddoppiati con i contrabbassi. L‘orchestra per un ragazzino, ma anche per un adulto appassionato, è un mistero. Se la si ascolta in concerto non si capisce mai veramente come funziona, come si ottengono i risultati tecnici e artistici che ci regalano emozioni che tutti conosciamo.
Ovviamente, con un insegnante così, ricordo perfettamente tutti i celebri "soli" del corno inglese, come il Largo della Sinfonia Dal Nuovo Mondo di Dvořák a quello, incantevole, dell‘Adagio del Concierto de Aranjuez di Rodrigo. Ma la cosa meravigliosa era sentire che i fraseggi di queste immortali melodie venivano concordati insieme con il direttore.
Valutare e conoscere un direttore d‘orchestra senza poter seguire le prove è un‘impresa ardua che lascio ai critici musicali. Vederlo in prova è tutt‘altra cosa: vedi anche come lo maneggiano i professori d‘orchestra.
Ricordo il timore reverenziale che avevano per il russo Vladimir Delman, quando parlava non volava una mosca.
La cosiddetta "generale" è una prova molto meno interessante. Fondamentalmente viene eseguito tutto il programma come se fosse un concerto. Raramente il direttore interviene. Le prove davvero utili sono quelle in cui si legge e si "concerta" il programma.
Andando incontro all‘estate, avendo tutti, forse, più tempo libero consiglio, quando possibile, di chiedere di poter seguire le prove d‘orchestra. Procurandosi la necessaria "partiturina" – senza è molto meno efficace – e mettendosi in ascolto non solo dei professori, ma soprattutto del direttore. Ha solo vantaggi: è un‘esperienza bellissima, si impara molto di come viene percepita la musica dai professionisti e, ultimo ma non meno importante, si acquisisce una sicurezza su cellule ritmiche, sul senso del "levare" e del "battere", sulle dinamiche, sulle agogiche. È difficile che una lezione di un qualsiasi strumento musicale riesca ad offrire un quadro completo come ascoltare una prova d‘orchestra.
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