L'importanza vitale del pubblico ai concerti
di
Filippo Michelangeli
Il lungo, doloroso, lockdown ha negato da mesi l’accesso degli spettatori a teatri e auditorium. La musica si può continuare ad ascoltare su cd, alla radio, davanti alla televisione, persino in diretta grazie allo streaming, ma l’atto creativo sul palcoscenico avviene in modo asettico
|
 |
Quanto è importante il pubblico a un concerto? L’abbiamo capito meglio grazie al Covid e al lungo, doloroso, lockdown che sta affliggendo da mesi l’intero settore dello spettacolo dal vivo. Con i teatri e gli auditorium chiusi agli spettatori, ma agibili agli artisti che possono salire sul palcoscenico e trasmettere le loro performance in streaming sul web, l’assenza del pubblico è diventata un fatto concreto e, come dice l’antico adagio popolare: «ti accorgi dell'importanza di una cosa solo quando la perdi».
Sostenere che la musica non si sia mai fermata non è uno slogan. L’arte dei suoni ha continuato a riempire le nostre giornate nell’ascolto dei cd, della radio, della tv, nella fruizione sul web e, in modo più complicato, collegandosi con teatri e auditorium che trasmettono in streaming.
Ma quando ci sediamo davanti allo schermo di un computer, o teniamo le cuffie collegate a uno smartphone, o ci accomodiamo sul divano per vedere la televisione siamo pubblico? No, siamo semplici fruitori, non potendo in alcun modo intervenire con il nostro corpo, con le nostre mani, con il nostro respiro durante l’atto creativo. Gli artisti che ascoltiamo e vediamo, anche se si producessero in diretta, non ci vedono, non ci sentono, non entrano mai in contatto con la nostra energia, con il nostro consenso – l’applauso, la richiesta di bis – o il nostro dissenso – il silenzio o il “buare” di un loggione.
Il punto è che fino a ieri del pubblico, della sua importanza nel concorrere all’atto creativo, se n’è sempre parlato poco. Diciamo la verità: il pubblico nella musica classica non è mai stato neppure una grande fonte di ricavi giacché tutto il sistema dello spettacolo dal vivo si è sempre basato sui finanziamenti pubblici. Da cui la rincorsa disperata ad ottenerli, se possibile implementarli, e a non perderli per nessun motivo. Non sono rare le rassegne caratterizzate dalla locuzione “Ingresso gratuito”, lasciando intendere che il conto economico è altrove.
Esporre sulle locandine “tutto esaurito”, peggio ancora “sold out”, è sempre stata considerata una pacchianata, una cosa disdicevole, un’americanata. Quello che contava era la qualità artistica e quindi, poco o tanto pubblico, era la stessa cosa.
Oggi gli spettatori si sono ripresi tutta l’importanza che si meritavano. Rimpiangiamo le signore sedute in prima fila, ingioiellate, impellicciate, a volte anche incompetenti, ma plaudenti, sorridenti, vitali, pronte a urlare un «bravo» e chiedere un bis. E le coppie canute, fedelmente abbonate alle società di concerti, le stesse che a volte si dimenticavano il cellulare acceso meritandosi la riprovazione generale e lo sguardo fulminante del solista. E i frettolosi, quelli che sull’ultima nota dell’orchestra si alzavano di scatto per conquistare l’uscita e non rimanere imbottigliati al guardaroba.
Finita l’emergenza sanitaria dovremo riconquistare gli spettatori, con la consapevolezza che sono un pezzo importante del momento artistico. Dovremo imparare a comunicare con loro meglio, a renderli partecipi di uno spettacolo di cui fanno parte a pieno titolo anche loro
|