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Suonare News maggio 2024 Editoriale
 

Maurizio Pollini, il pianista schivo. Non si sentiva una star ma diventò leggenda
di Filippo Michelangeli

Morto lo scorso 23 marzo nella sua Milano, il musicista che a soli 18 anni vinse il Premio "Chopin" a Varsavia resterà per sempre un punto di riferimento per le scelte artistiche e l'impegno sociale


Negli ultimi tempi la notizia dei concerti cancellati aveva sorpreso e preoccupato tutti. Maurizio Pollini, infatti, non era un uomo che veniva meno ai suoi impegni. E di concerti, nella sua lunga carriera, ne aveva cancellati davvero pochissimi. Era chiaro che la sua salute gli dava problemi. E così, quando lo scorso 23 marzo, il Teatro alla Scala di Milano – dove si era esibito ben 168 volte – ha diffuso il comunicato annunciando la sua morte molti di noi paventavano quel momento. La notizia ha subito fatto il giro del mondo, perché Maurizio Pollini, malgrado non amasse essere definito dai cronisti "una star", era diventato una leggenda vivente.
Da bambino i suoi genitori, resisi conto del suo talento musicale, lo avviarono con convinzione allo studio del pianoforte. E con ottimi insegnanti: prima con Carlo Lonati e poi con il noto didatta Carlo Vidusso.
Il talento straordinario del giovane Pollini si rivela in fretta. Nel 1957, a soli sedici anni, raggiunge Ginevra, sede del prestigioso Concorso che negli anni precedenti aveva laureato giganti della tastiera italiana, come Benedetti Michelangeli, Paolo Spagnolo, Maria Tipo. Dovrà accontentarsi della medaglia d'argento. A salire sullo scalino più alto del podio, in quell'occasione, sarà un'altra promessa del pianoforte, la diciassettenne argentina Martha Argerich. Ma per Pollini è solo l'inizio. Due anni dopo il neonato Concorso di Seregno intitolato ad Ettore Pozzoli lo incorona primo premio. E nel 1960 arriva la svolta. A Varsavia si svolge la sesta edizione del Premio "Chopin". È uno dei concorsi di interpretazione più antichi del mondo, fondato nel 1927 dall'Istituto Fryderyk Chopin, si svolge ogni cinque anni, e può contare su una macchina organizzativa colossale. Negli anni precedenti ha già messo in luce il talento di mostri sacri come il polacco Adam Harasiewicz e il russo Vladimir Ashkenazy. È il primo italiano ad espugnare Varsavia. Il suo trionfo è clamoroso. Arthur Rubinstein, membro della giuria, non frena il suo entusiasmo: «Questo giovane suona tecnicamente già meglio di tutti noi». E sta parlando di un ragazzo che ha appena 18 anni... Chiunque altro, al posto di Pollini, avrebbe cavalcato questa straordinaria vittoria per iniziare a suonare in tutto il mondo. Ma il giovane milanese non è destinato a un carriera qualsiasi. Dopo Varsavia si ferma, studia, si perfeziona con Benedetti Michelangeli. Aspetta di raggiungere la piena maturità artistica e musicale. Quando si sente davvero pronto, nel 1968 affronta la prima tournée negli Stati Uniti dove esegue la Seconda Sonata di Boulez, mostrando un tratto caratteristico della sua personalità musicale: la passione per i compositori contemporanei. Da allora l'attività musicale di Pollini è lineare e inarrestabile. Finita la stagione dei concorsi, raggiunta la piena maturità, può finalmente mettersi al servizio della musica. Sceglierà sempre con grande intelligenza il repertorio da proporre al pubblico e ogni pagina, da Bach a Nono, sarà permeata da una personalità unica. Pur avendo un dominio totale della tastiera, non verrà ricordato come il virtuoso impareggiabile. Maurizio Pollini è un musicista colto, amante di ogni forma artistica, schivo, rilascia poche interviste, impegnato nel sociale, si esibisce nelle fabbriche, stigmatizza l'intervento americano in Vietnam. Dopo di lui arriveranno altri pianisti di grande talento, ce ne sono giù tanti in attività. Ma la sua personalità artistica resterà per sempre un punto di riferimento per tutti i musicisti e gli appassionati.

 

 

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